Il Caso Melania Trump

Viviamo in un mondo che é principalmente governato dagli uomini. Ancora oggi le donne si trovano circondate da recinzioni invalicabili. Le donne devono avere spesso doti superiori per potersi affermare, intelligenze (cognitiva, di apprendimento, emotiva) con valori estremamente alti, o bellezza e avvenenza fuori dal comune, o tutti questi attributi insieme.

Nel desiderio di affermazione, di attenzione e riconoscimento, di cui tutti gli esseri umani sono portatori, ognuno si arrangia come può e porta avanti ciò che possiede, con il fine di acquisire, poco o tanto, ciò che non possiede degli attributi in cui é carente.

Ed é un errore pensare che le belle donne, in un mondo dove gli uomini quasi sempre impugnano il bastone del comando, abbiano sempre vita facile. Roberto Calasso, nel suo libro sui miti greci *Le Nozze di Cadmo e Armonia* narra la storia di Elena, la donna più bella di quel mondo antico che si affacciava sul mar Egeo, davanti a cui anche Zeus, re degli dei olimpici, si faceva umile, contrariamente agli umani, “che non sanno perdonare le donne belle”.

Fin dalle elezioni del 2016, quelli che avevano simpatie per Trump ma non osavano dirlo apertamente, forse nemmeno a loro stessi, dicevano: “Certo lui é quello che é ( = commento neutrale) ma Melania, che bellezza, che stile, che eleganza”, trasformandola così in un attributo di redenzione del marito.

Da questo presupposto é facile cadere nel pregiudizio, vecchio come l’umanità, che ci porta a credere che una donna di tal classe ed avvenenza debba avere anche un carattere buono e una mente viva e sveglia. Ritornando all’antico mondo dei greci, tale concetto fu ribadito varie volte da Platone nei suoi dialoghi: il famoso kalos kai agathos, o, in una parola, kaloskagathos, ovvero la bellezza esteriore é riflesso di quella interiore. In psicologia, questa distorsione del giudizio é ben noto e va sotto il nome di Halo Effect (Effetto Aureola o Effetto Alone).

Con l’intervista di ieri alla ABC, intervista la signora Trump poteva tranquillamente evitare, lo schermo di tale pregiudizio é caduto.

La sua bellezza fisica non sembra affatto essere la rappresentazione di una corrispondente bontà interiore.

Per quella parte di educazione femminista che ho acquisito, mi sono sempre trattenuto dal fare facili commenti o tranciare facili giudizi. Certo, anche il mondo interiore di una puttana d’alto bordo, come della povera passeggiatrice é complesso, emotivamente sfaccettato, luci ed ombre che si inseguono e sovrappongono. E in generale io non ho nulla contro mantenute o mantenuti. Ognuno s’arrangia come può a vivere su questa terra, chi é senza peccato scagli la prima pietra.

L’intervista – corredata di video clips – ha svelato solo che Melania ha imparato a camminare diritta, passo sinuoso, come fanno le indossatrici, e che ha acquisito abbastanza soldi per scegliere quello che più desidera come abbigliamento. Ma di sicuro non ha acquisito la capacità di usarlo con umiltà quando é necessario, di usarlo al momento adatto, a seconda del luogo e della circostanza che la vita di First Lady of the United States of America le propone, o volutamente si procura. Il ripetere di sentirsi attaccata dalla stampa di sinistra per una giacca inappropriata (durante la visita ai bambini stranieri, costretti in campi di concentramento ubicati, per lo più, al confine con il Messico) é una delle tante rivelazioni di tale limite. Ma é il portare avanti la sua personale campagna contro il bullismo (ogni First Lady si sceglie qualcosa di filantropico) che la trasporta al vertice di un kitsch osceno, avendo scelto di stare al fianco di uno dei peggiori bulli della storia recente, il quale promuove un bullismo politico criminale, in questo supportato da altri bulli esponenti di un partito che un tempo presentava una frangia moderata, che ormai da anni é stata spazzata via, oppure costretta ad adeguarsi al pensiero più estremista che un partito di destra possa partorire.

La giacca di Zara con la scritta “I really don’t care – do you? (Veramente non me ne importa – e a te?”

Poteva ammettere di aver effettivamente sbagliato, mettendo in valigia abiti un po’ a casaccio, affermazione difficile ad inghiottirsi, data la sua capillare attenzione a curare ogni dettaglio della sua persona. Poteva evitare di difendere a spada tratta (quasi) tutto quello che fa il marito (dopo dopo aver affermato di non aver tempo per potersi interessare a ciò che accade nell’Ala Ovest della Casa Bianca, dove le decisioni del governo Trump vengono ideate, elaborate ed implementate). Poteva limitarsi a parlare delle sue esperienze come First Lady, invece si é dimostrata non meglio di una Imelda Marcos, o di una Elena Ceaucescu: una spoccchiosa collezionista di abiti sontuosi, un adorno trofeo di un uomo che di trofei ne ha già acquistati tanti, usando quasi sempre metodi illegali.

Il legame tra l’Olimpo e la bellezza si é spezzato. Nemmeno Zeus sarebbe disposto ad inchinarsi davanti al falso splendore di questa mortale.

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