Narra Graeme Wood, nel suo prezioso saggio pubblicato sulla rivista americana Atlantic di questo mese (intitolato “Cosa veramente vuole l’ISIS”), che George Orwell, rivedendo il “Mein Kampf” di Adolf Hitler, annotava:
“[Il fascismo] è psicologicamente ben più solido di qualsiasi concezione edonistica della vita… Mentre il socialismo, o anche il capitalismo, in modo più risentito, hanno detto al popolo: “Vi offro di vivere bene”. Hitler ha detto loro: “Io vi offro conflitti, pericolo, e morte”, e come risultato un’intera nazione si getta ai suoi piedi…Occorre non non sottostimare la sua attrattiva emozionale.”
Questo mi porta alla mente una conversazione con mio zio, lo scrittore e giornalista Franco Valobra. Era nato nel 24 a Torino e quindi aveva passato infanzia e adolescenza sotto il fascismo. Come tutti aveva ricevuto un’educazione fascista, a partire dalla prima elementare (un po’ meno a casa perchè per fortuna i miei nonni non erano degli entusiasti). Un giorno gli capitò di captare una frase in un discorso di Mussolini: “Noi italiani non amiamo la vita comoda”. Quella frase gli parve talmente folle, che da quel momento si mise a soppesare tutto quello che veniva dai proclami di regime e che fino a quel momento assimilava da un orecchio e faceva sgocciolare dall’altro, permettendo che lasciasse quel tanto di lavaggio del cervello che serviva a tenere i giovani in riga. Dopo quella frase, si allontanò sempre di più da ogni dottrina fascista, fino a divenire una staffetta partigiana negli ultimi anni della guerra.
Ma la maggioranza osannava queste osservazioni. “Vincere o morire” aveva, perfino in Italia un incredibile fascino.
Mai sottovalutare l’attrazione del fascismo inerente ad ogni assolutismo. La propaganda ISIS indetta dal Califfo Abu Bakr al-Baghdadi è solo l’ultima della serie.