Una decina di anni fa, la psicologa americana Martha Stout, scrisse un libro che divenne un best seller immediatamente. S’intitolava “Il Sociopatico della Porta Accanto”.
Il suo libro – salvo un poco di confusione tra i termini sociopatico e psicopatico, nel senso che si sarebbe dovuto il termine “psicopatico” nel titolo – sfatava il mito hollywoodiano per cui gli psicopatici sono gli Hannibal Lecter, ma più semplicemente persone comunissime, che non sono serial killers, non mangiano la gente, non hanno cantine attrezzate per sadiche torture. Anche nel cinema possiamo incontrare ritratti di psicopatici che non sono mostri alla “Criminal Minds”, ma sono, tuttavia, mostruosi in un modo più sinistro, apparentemente più tranquillo, ma capaci di distruggere vite. Volete un esempio fantastico e chiarificatore? Andate a rivedervi il film di Dino Risi “Il Sorpasso”, con Jean Louis Trintignant e Vittorio Gassman. La grandezza di Gassman stava nell’essere riuscito a rappresentare un perfetto esempio di psicopatico: predatore, parassita, falso, narcisita, sprezzante, ottimo parlatore, talora incantatore, incapace di comprendere empaticamente i sentimenti altrui, che quindi ridicolizza, ma anche incapace di vivere senza insinuarsi e distruggere vite altrui. Non uccide, non brutalizza fisicamente, non tortura, non massacra, ma in modo più subdolo, come un gas nervino invisibile, come un virus aerotrasportato che non si percepisce, può uccidere. La vittima non si s è accorta della letalità di tale individuo, e la sua vita è ormai rovinata, distrutta, o terminata, come quella del personaggio di Trintignant.
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